Lecce.

Basta un viaggio per spalancare le porte al cuore. Un viaggio che ti attraversa ogni finestra dell'anima. Non in senso puramente fisico, un viaggio in cui metti via tutti i panni sporchi e lasci in valigia solo ciò che ti basta.

Parto stavolta anche con un trolley, per avere qualcosa di stirato da mettere la sera. Poi basta un pacco di frutta che si apre e tutto si perde a bagnare ogni aspettativa.

Una risata sparge gli umori in tutta la stanza, due amici trovati ad otranto mi fanno rivivere per un giorno una vacanza tutti insieme.

Il viaggio con Flixbus da Roma Tiburtina mi porta a lecce passando la notte con la testa sul  finestrino e gli occhi tra le stelle.

Arrivato all'alba incontro una città semideserta, calma, pulita. Prendo un caffè con latte di mandorla, poi vago cercando di poggiare i pesi dello zaino, mi mangio un cornetto ascolto de gregori e osservo l'allegra vita di lecce che si sveglia e già canta.
La mia stanza è in un appartamento condiviso con una ragazza turca e un ragazzo inglese: un po' rumorosa, ma ben collegata, una scrivania e un letto, tutto ciò che mi occorre.

Prendo un bus e 3 treni per arrivare ad otranto, porto lo sguardo a seguire la vita nelle campagne, tra i trulli e le signore  in bici, nei treni abbandonati, in una vita lenta, a passo rilassato, senza macchine, nella natura, come una volta: pura semplicità.

Il treno ferma a maglie, zullino, paesini deserti, stazioni vuote, capostazioni in t-shirt che chiedono dove vai. Un mondo ancora rimasto antico, coi suoi rischi per le nostre comodità, ma profondamente autentico. Passiamo davanti una chiesa e vedo le persone farsi il segno della croce, le persone parlare alle panchine, i bar per la sosta, i sorrisi davanti ai caffè.

Roberto e Federico vengono a prendermi alla stazione di Otranto, abbronzati del sole pugliese, il vento accarezza i capelli e sposta i cappelli, sorrisi abbracci e via in macchina. 

Raggiungiamo la baia di Porto Badisco, una caletta selvaggia incastonata tra le rocce dove secondo la leggenda Enea approdò per sostare dopo il viaggio in fuga da Troia.



Acqua fredda, vento e sole, colori sparsi, vegetazione e azzurro del mare, rosso delle grotte e blu intenso di un cielo sposato con questa straordinaria bellezza.



Saliamo e raggiungiamo il faro di punta Palascia, punto più orientale d'Italia.



Conversiamo sulle vite che cambiano, le città e le persone che si spostano, le scelte che ci segnano.



Finalmente conosco Lecce, la vedo da vicino, da dentro, tra le sue mura, nel suo sguardo notturno, quando lascia che il bianco delle case porti luce ovunque.

Silenziose camminate tra piazzette incantate, caffè leccese e abbondanti piatti sotti gli archetti. Il duomo, l'anfiteatro, la cattedrale di Santa Croce, tutto lo splendore di una città ricca di anima si mischia alle adunate di giovani che a grappoli riempiono le vie del centro. Finiamo stanchi tra gli sgabelli di un bar alla moda, crollo in camera dopo aver ringraziato tutte le gentilezze dei miei amici.



Mi sveglio con un pensiero che sa di amore, un amore che accompagna ogni movimento e ogni gesto.. 

"
Un amore mancato toglie respiro all'anima. "

mi accorgo che quando fai entrare amore dentro, quello che per natura ti ha sempre appartenuto va oltre i pregiudizi degli uomini e segue la via del cuore, non lo puoi fermare, prima o poi ti viene a prendere. E tutto, ogni cosa che ti sembra ferma, in realtà salta, balla, ride, canta.

Cammino con la mia canon tra le vie di zone che non so dove portano, non mi curo di perdermi, mi perdo nell'incontro con ciò che non conosco.

L'amore lo sento quando chiamo mia madre, quando scherzo con papà, con gli amici, mentre scrivo a mio fratello, quando trovo il messaggio di lei, mentre cerco di sollevare mia zia, mentre abbraccio mio zio e ascolto mia cugina, nel cane che attende da me un po' di pane, nelle parole che scambio con Federico, nei complici sguardi di Roberto.

La pietre leccese dipinge le strade, salva un luogo dalle ferite del mondo moderno, dalle inquinate vite piene di cemento e sostanze tossiche.

Lecce parla con linguaggio barocco, ti tocca con mani barocche, ti prende e ti porta al seicento, poi al settecento, ti accompagna in un viaggio tranquillo tra chiese, volte, fregi, capitelli, giardini, balconi, archi, immagini lontane, epoche conservate.

Chiesa di santa maria, Santa croce, anfiteatro romano, duomo, santa chiara, san Martino.. ogni angolo è una richezza architettonica, un capolavoro dove il bianco si lascia ammirare senza mai sporcarsi.






Passo davanti piazza della pace, poi mi fermo a mangiare proprio davanti la maestosa arena dove un tempo gli uomini lottavano con gli animali.

Dopo una puccia con friarielli e pomodori secchi, mi rinfresco le labbra con un caffè leccese, mi inoltro in una passeggiata tra le mura e i giardini, noto di essere nel percorso della via francigena, raggiungo il castello e mi siedo al sole, assaporando un silenzio che sa di magico.


La giornata scorre sotto un sole alto e ampio, un vento timido che allieta il passo, le strade pulite, le scritte contro la Tap, poesie sulle serrande, le guide che parlano in francese delle preziose e raffinate qualità degli artigiani che costruiscono storie in cartapesta o pietra leccese.

Agli angoli delle chiese, le piazze predono tutto il colore del barocco, lo spazio che si libera davanti al duomo è già un premio senza entrare.

Ma la sorpresa piu apprezzata é la visita alla cripta sotterranea del duomo: un luogo silenzioso che vibra di magia.

Angolo sacro dove ancora si possono notare ritrovamenti di ossa, sembra quasi di un mondo arabo per l'eleganza delle colonne illuminate che si intrecciano tra le maioliche dei pavimenti, i fregi mostrano Angeli aquile draghi frutta fiori..

Una sala costruita come luogo di sepoltura e rifugio spirituale.

Tra i vicoli e gli angoli, la pietra e il pavimento, circondato da bellezza mi fermo a rilassare le gambe, una fresca cedrata mentre all'imbrunire Lecce lascia intravedere come una donna le spalle abbronzate delle sue facciate, dipinti di bellezza architettonica rara.



Cammino tra le affollate comitive che arrivano in piazza, osservo la lupa che siede sotto il leccio, simbolo di una città molto legata al culto di Roma e al sapere antico, alle parole sante, all'amore che vaga da una lingua all'altra per posarsi quieto dove c'è posto per il cuore.

Quello è il sole paese che non conosce divieti di transito.

Torno verso le stanza, cerco di uscire dal centro storico per trovare angoli dove il dialetto comunica una vita leccese, che non sa l'inglese, ma sa raccontarti l'accoglienza.

Registro un altra giornata piena di cose preziose, di persone che tornano a far battere il cuore, di attimi che non sono mai passati.

Torni dove sei sempre stato.

Anche quando non c'eri.

Torni lì dove il cuore stava ad aspettarti.

A cavallo sopra un sogno, ritrovi te stesso quando ti spogli delle paure e non vedi l'ora di bagnare l'altro con tutto il tuo amore.





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