Dalle difficoltà alle stelle.

Sul bus in attesa di andare a Phedi, per poi incamminarmi verso Dhampus, un trekking tra i villaggi a circa un'ora da Pokhara. Nel bus non si respira e fuori é una cappa. Vengo da due giorni chiuso in camera piegato in due da qualche cibo piccante non gradito dal mio intestino; due giorni di completo digiuno e riposo, acqua e letto, senza neanche la forza di scrivere.

Stamane mi sveglio, fresco come una rosa, scendo e comunico a due dei 7 fratelli che faccio il ceck-out e vado a fare un trekking!! Mi guardano allibito: " sei sicuro? Ma stavi male fino a Ieri sera, se su in montagna non ce la fai, non ci sono né dottori ne ospedali.. " - datemi solo una bella colazione e sono pronto!! Zaino sulle spalle e via alla stazione dei bus.

Guardo il Nepal fuori, motorini quasi si scontrano con altri, ma non vedo mai nessuno innervosirsi. Da ormai un mese che sono qui, non ho mai visto nessun alterarsi o aggredire l'altro, anche nelle situazioni di più inquietante disagio sociale. Non fa parte della loro abitudine, non è uno sforzo come per noi che ingoiamo lunghi respiri come fossero rospi, che cerchiamo nello yoga o nella meditazione una via per la calma e la pazienza, loro ce l'hanno insita nel loro modo di essere la propensione al non restare turbati o preoccupati; li vedi accettare sporcizia, disordine, traffico, smog, inquinamento, povertà, caldo e freddo, ressa nei bus, strade rotte, sole e poggia.. con la stessa espressione.

Trovano sempre il modo per ridere, accendere la musica, cantare, giocare, ballare, divertirsi.

Osservo la gente, passiamo attraverso la zona abitata dai rifugiati del Tibet, piccole bandiere sventolano sopra le case, sotto passa il fiume seti, un muratore fuma in strada, chi stende i panni a cielo aperto, chi si lava in strada dentro bacinelle, più usciamo dalla città più la gente povera e curiosa osserva dentro il bus come io sia l'unico straniero tra i nepalesi, guardo giovani educatissime e odinate ragazze in abiti scolastici attraversare la strada sorridenti e tranquille e posso constatare come anche le più piccole vanno e tornano da scuola a piedi o in bus senza essere accompagnate, testimonianza di un paese incline alla non violenza e immune da ogni crimine. Una ragazza affacciata al balcone scruta l'orizzonte mentre tra i fiori che sbocciano in allegri e vivaci colori fuoriescono le teste delle donne piegate sui campi coltivati.

La strada per arrivare è un percorso di sopravvivenza, balliamo sulle buche come fossimo alle giostre e mi consola lasciarmi sedurre da un Nino D'Angelo nepalese dalla radio mentre fuori dal finestrino svetta silente e onnipresente la divina Himalaya.



Arrivati a Phedi, mi fermo per un tè, conosco una graziosa famiglia, scambio due chiacchiere e inizio la marcia.

L'inizio è subito in ripida salita e sarà cosi tutto il tragitto; passano mucche, anziani artigiani del legno, galline e caprette. Solo solo nella natura, io e il mio trekking, un'avventura solitaria che aspettavo da tempo. E quando sei solo, non puoi allontanarti da te stesso, soprattutto nella foresta, tra le rocce e gli alberi, circondato da montagne. L'inizio è subito estremamente faticoso, sento girare la testa, le gambe fiacche, debole il respiro. Mangio due banane, bevo molto e poi una mela. Riparto, fa caldissimo e la salita a gradoni é sempre più ripida. Attraverso casette, giardini, campi coltivati, orticelli, un lussureggiante verde tra le montagne con fiori che esaltano il paesagggio e rendono il cammino un viaggio nella armonia bucolica.



Ho ripreso a camminare col mio ritmo naturale, è come se avvessi riacquistato energie vincendo la stanchezza; quando vai oltre i tuoi limiti e superi gli ostacoli scopri che il tuo corpo è una infallibile macchina dalla potenza infinita, basta saperlo ascoltare.
Abbiamo all'interno delle nostre ossa e muscoli un apparato respiratorio in grado di ricoprire intere foreste.
La nostra energia, una volta liberata attraverso il respiro ha funzionalità  illimitate, se la facciamo fluire liberamente scardina in un attimo le catene create dai nostri limiti mentali e dalle paure.


Proseguo e mi incanto ad ammirare il paesaggio, la bellezza che mi circonda è ossigeno per la mia pelle. Da ogni angolo la vista è a 360°, tutto aperto sotto il cielo un gigante polmone verde.



Più avanti incontro un tizio simpatico che mi mostra la sua graziosa guest house, mi racconta dei suoi viaggi in india, di un italiano hippie che si fermò qui solo per dormire in tenda e fumare hashish, mi fa vedere il suo orto biologico e mi invita a restare, lo ringrazio ma preferisco andare ancora su.



Sulla strada incontro una sola ragazza, una donna più grande, una giovane coppia. Per il resto del percorso non ho incontrato nessuno e questo mi ha fatto vivere l'esperienza ancora più intensamente. Arrivato su in cima, mi sono sentito leggero come una piuma e felice di avercela fatta; ore di trekking sotto il sole dopo due giorni di digiuno mi hanno rivelato limiti e potenzialità dello stesso corpo.  La vita ti cambia da un momento all'altro, mi trovo in cima illuminato dal sole in mezzo al nulla, ieri ero dolorante sul letto senza riuscire a muovermi. Sono circondato dal puro splendore della vita; da destra a sinistra montagne, verde, colori dei campi e dei fiori, infinita beatitudine. Le porte delle case, il blu delle finestre, i tetti, l'altezza a misura d'uomo come ogni cosa qui. Questa pace, il vento delle montagne mi accarezza, alberi in fila seguono un sentiero infinito.  Innumerevoli vetti di ogni sfumatura naturale. Una giornata che a fatica finisco quassù  e che ripago sdraiato sotto il cielo.


Un esperienza che volevo fare in solitudine, in Nepal. Questo è un posto dove starei mille anni: ci sono solo io, poche anime, poche casette sparse, tempietti nascosti tra le vette, sconfinato verde, montagne ad ogni angolo,  sembra un paesaggio finto. La natura sconvolge in ogni scoperta lo sguardo dell'uomo. Un trekking dalle difficoltà alle stelle.


Vado a fare un giro, mi godo il panorama, scatto foto mentre in cima posano donne circondate da fotografi. Vado nei vicoli in basso, piccole casette riunite in costrizioni tipiche fanno da cornice ad un villaggio di poche famiglie che vivono di molto poco. Scherzo con due anziani che ridono e bevono tè, gioco con  bambini sporchi e pieni di bolle, vedo la scuola e il tempio, un museo, chiuso, che dovrebbe raccontare la vita e le origini dell'etnia Gurung. Chiedo informazioni ad un ragazzo della guesthouse che ho trovato in paese, mi dice che sono una popolazione origine tibetana, che pratica prevalentemente il culto buddista.



Sorpreso dal mio interesse per la sua comunità ha pensato fossi uno storico ricercatore, mentre la mamma che mi vede scrivere sul taccuino mi ha preso per uno scrittore.

La mia camera ha un affaccio sul panorama, ma è freddissima. Chiedo di controllare la mia porta, difettosa; il padre, un simpatico e bravo cuoco, mi sorride rassicurandomi: qui, puoi dormire anche con la porta aperta, non ti succede niente!

A parte una polmonite!!

Un buon riso con verdure, un tè limone e zenzero, gustosi momo vegetariani, posso ritenermi soddisfatto di una piacevole giornata di montagna, consapevole che la vita è fatta di continui alti e bassi, di cadute e rinascite, e che nell'accettare una nostra debolezza sta il segreto della nostra forza.



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