Villa Gregoriana

Dopo aver recuperato le energie necessarie, ristabilito il mio posto nel mondo romano, decido di farmi una camminata nei dintorni della città. Voglio rivedere villa gregoriana, nel cuore del centro storico di Tivoli, a est di Roma.

Dopo una ricca colazione, esco con la mia canon, scatto sul primo volto della giornata, Roberto, il portiere del condominio dove abito, tra le persone più disponibili e generose che conosco. Arrivo al forno, pizza bianca calda e ricca di olio. Passo dai ragazzi al bar, caffettino prima del viaggio, un classico. Mentre esco  incrocio lo sguardo di una ragazza che mi sorride e resta a guardarmi, in un divertente gioco di sfida che mi coglie di sorpresa. Per 5 minuti cerco di ricordare dove ci siamo visti, e quando associo il suo volto ad una scommessa di calcio vinta mi rendo conto di aver fatto la figura del maleducato, non avendola salutata. Entro in metro col suo sorriso addosso e la cosa un po' mi è nuova, una sensazione non più così familiare.

Tolgo il pensiero mettendo vasco alle orecchie e immergemdomi in questo viaggio romano, leggero e grato. Basta un attimo, la tua musica un libro e il mondo fuori, guardi dal finestrino e capisci che la tua natura è sempre di più il viaggio, la scoperta, il cammino. Esplori la vita camminando e capisci l'altro assaporando quello che vedi, assorbendo stati d'animo e parole, sguardi e incontri di storie nuove, di persone sole.

Il treno ferma alla rustica e mi fa tornare in mente le giornate passate in quelle strade di periferia coi miei cugini.. sembrava di avere tutto nel momento in cui si scendeva a giocare; in un attimo, mentre si facevano le scale verso fuori il mondo diventava nostro, e quella sensazione di libertà è ancora perfettamente intatta nei miei occhi. Ho ricordi che sanno di nostalgia, figlia di una sensibilità mai spenta, legata ad attimi unici: il bacio dato in una gita con la scuola ad una ragazza di un altro istituto,  la canzone ascoltata in un pullman ancora oggi è come se la ascoltassi ogni giorno. Le comitive sul muretto, le coppie che si formavano, i jeans a palazzo, la rincorsa di laura che si era infuriata con me, fuori l'oratorio, la voce di eros Ramazzotti e i capelli lunghi, mia madre che urla dalla finestra, la signora che mi buca il pallone, i motorini che suonano sotto casa, come se un esercito fosse lì ad accoglierti. A volte mi chiedo perché quelle comitive si sono sciolte,perché quei due non stanno più insieme, perché il pantalone con le tasche é passato di moda, perché mio cugino è partito, cosa è cambiato, quanto è costato dimenticare, quanto è stato sofferto un silenzio, un matrimonio forzato, una rinuncia alla libertà, agli amici, allo stadio, ai rave. Mi chiedo cosa resta di quel mondo, di quei sorrisi giovani e ribelli, di quel fischiettare un disco straniero di cui non si conoscono le parole, cosa resta del bar olindo, dell'alimentari, ortensio e Luciano, il nonno dei giocattoli, le bici poggiate sui muri, i giubbotti per fare la porta, i capelli biondi di arianna, la dolcezza di Vanessa, il sorriso di manola, lo sguardo di manuelina. Ho milioni di ricordi che vibrano nel presente, come fosse un mondo mai scomparso. Vedo ancora i buchi sulle magliette di antonello, il colpo di tacco di mio fratello, sorcio che alza su una ruota in bilico tra il marciapiede e la strada, il piumino ciesse, il calzino bianco che esce dai jeans, gianluca che mi prende in chiesa per liberarmi da un sermone di catechismo e farmi fare la finale contro l'oratorio. Mio fratello bussa per entrare in classe, capello liscio e sguardo ribelle, chiede di farmi uscire ma la maestra non lo permette, il nostro sguardo di intesa e gratitudine è ancora qui, a farmi compagnia. I ricordi sono gambe che camminano con noi, sono la nostra anima che torna a mostrarsi con gioia, con quella stessa spensieratezza.

Sento ancora l' odore dell' A 112 di papà, la golf di nonno, la 126 di zia. La moto Kawasaki che esce dal garage, io dietro a mamma sono seduto tra le nuvole. Infiniti ricordi camminano insieme ai vagoni di questo treno che dalla stazione tiburtina attraversa guidonia marcellina e bagni di tivoli.

Sogno incantato e ogni piccolo viaggio mi sembra bello come il primo, ringrazio per tutta questa fortuna che ho di vedere le bellezze della vita, ogni giorno.

Arrivo a tivoli, siedo sulla panchina al sole, mangio una banana e osservo una croce sopra il monte. Al mio fianco, una donna urla verso un' altra, che è al binario di fronte; si scambiano notizie di meteo, il freddo della sera e il sole del giorno.

Mi incammino verso il centro, Tivoli accoglie i turisti con una perla di Mandela..



Entro in villa gregoriana, mèta di viaggiatori e poeti, scrittori e amanti del Belvedere. Un bosco incantato, a ridosso della antica acropoli di Tivoli, circondato al fiume Aniene, paesaggio rigoglioso, ossigeno rigenerante, dove camminare e perdersi sotto la grotta di Nettuno o delle sirene, incontaminato, puro, gioiello tra sacro e profano, dove sul fondo della valle si attendevano le profezie della Dea Sibilla. La valle dell'inferno, un angolo di pace dove poter ascoltare in silenzio tutta la potenza di un incessante viaggio di cascate. Architettura romana, templi e grotte, sentieri e rocce, una sublime vista da ogni angolo del cammino.



Gli scalini sono piccole e graziose forme che delineano il passaggio, portano l'uomo a salire e scendere, come nella vita, da una parte all'altra, scegliendo la via più comoda, l'istinto e la libertà di proseguire per il proprio sentiero.

Le rocce, le foglie, alberi che cadono in acqua, vedo i viaggiatori di un tempo lontano, pellegrini che attaversando Roma finivano qui a trovare pace e ispirazione, scrittori, ricercatori poeti scendevano da queste graziose scalette ad affacciarsi sulla valle per sentire il gelido getto dell'Aniene sulle rocce e sulle grotte, un cammino incantato che sembra poesia di un mondo antico.

Un polmone verde che riempie il cuore di amore per la vita.



Natura, natura, natura. È li la nostra essenza, li ogni risposta. Basta fare due passi tra gli alberi per riempirsi il cuore di gratitudine. Vedo l'acqua scorrere, insieme alle cascate come sassi cadono i pensieri.. tutto si libera, si scioglie, vola via. Siamo una cosa sola, unita alla roccia e alle fontane, alle grotte e ai due giapponesi che si baciano e mi sorridono. Osservo l'acqua scendere a valle, mi incanta seguire il suo colore e sentire il rumore dei getti, dei ruscelli, degli uccelli,la vedo grondare serena e forte, libera  e selvaggia, come la nostra natura, protetta dagli alberi e dalle pietre, scaldata dal cielo limpido che fa da specchio. Ascolto il suono di questo ritmo antico e incessante, una scarica di infinita e pura adrenalina avvolge la mia schiena e sfocia in un sorriso portato dal cuore. Viaggiare in treno, osservare fuori la vita, ascoltare i dialoghi delle persone, camminare nel verde e respirare il mondo attraverso un ramo, una foglia, una figlia, una coppia, un desiderio, un richiamo. Tutto scorre beato, fotografo le mie emozioni e scrivo sopra i miei passi lenti,saluto grato le gentile ragazza che mi ha aperto a questo parco, ricordo di una giornata passata anni fa coi miei, stringendo la mano al mio grande amore. Cascate di ricordi e manciate di sorrisi, ascolto un pezzo di vasco ... " sei un piccolo fiore per me.. " e in quell'istante un bruco esce da una tana, la vita si mostra in tutta la sua bellezza, e tutto, nascita e fiorire, correre e svanire, mi appare connesso e collegato.



Scambio foto e risate con viaggiatori, guardo ragazzi con zaino e macchina fotografica sedersi davanti alle cascate, vedo nei loro occhi la sfida della sorpresa, l'incanto della libertà.



Proseguo tra grotte, paesaggio, rocce, sentieri, cascate, alberi, panchine, sento i miei piedi leggeri poggiarsi sui sassi  passando sulla storia di un parco recuperato alla seconda metà del 900 grazie all'intervento del FAI, il fondo ambiente. Qui, grazie ad un igegnoso e geniale progetto dell'ingegnere Folchi, con il permesso e il sostegno di Papa Gregorio XVI, è stato salvato un bosco e le abitazioni intorno, che rischiavano di essere risucchiate dal fiume Aniene. Due enormi gallerie hanno permesso una corsia di uscita sfociando sulle cascate che penetrano nel cuore del paesaggio, senza fare danni.



5 km di verde, angoli di Belvedere, fresco, energia pura, colori, passaggi di luce tra un arco e un albero, mi immagino la penna di Goethe mentre scriveva di questi sentieri.


Una camminata di circa due ore, interrotta da brevi soste a mangiare un po' di pizza bianca, a bere acqua, un arancia o qualche mandorla, fino ad arrivare in cima, al tempio di Vesta e Sibilla.



Finisco la camminata nel centro storico, tra i vicoli e il duomo, le madonnine sulle finestre e i panni stesi. Siedo sulla panca del Duomo, respirando la pace interiore durante la messa; il parroco dà le spalle, siede su un ginocchio di fronte l'altare, i fedeli pregano in coro guardando il crocefisso di lato. Vado al bar, le ragazze di Tivoli si preparano all' aperitivo e cantano Coez, mi siedo di fronte al fiume Aniene che brilla di rinascita, circondato da ciliegi e rose. Il sole cade in acqua, mi rilasso con una fresca birra bionda davanti al verde e alla luce più tenera del giorno. Finisco questa giornata lasciando lo sguardo incantato oltre il fiume e il ponte, perso tra le piante e gli alberi, tra i canti di uccelli e una pace infinita.

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