Patan.

Oggi mi sono diretto verso Patan, stavolta ho scelto il bus locale, dove tutto è locale; i rosari, le statuette, la musica e le porte aperte, le ghirlande e le botte sul finestrino del ragazzo arrampicato che da il via all'autista.

Guardo fuori e mi incanto nel vedere la vita in questi mondi. Questo vivere lento, in strada, rilassati, con semplicità, avendo poco, a volte pochissimo.
Questo stare insieme, le cerimonie da un vicolo all' altro per una serie interminabile di feste e rituali. Si vive di poco, ci si siede continuamente in strada per un caffè insieme, si condivide ogni cosa. I lavori per andare avanti sono quelli di altre epoche passate, lo scambio che non conosce arrivismo, nessuna competizione può servire per un pezzo di pane scambiato con un piatto di ceramica o un vaso di argilla, le maglie fatte a mano o la sciarpa per la figlia, si cuce, si lavora il legno, si va nei campi a lavorare la terra, si vende al mercato il cibo essenziale, i vestiti per la stagione, la perfetta vita essenziale, vissuta in armonia, senza pensare ad altri bisogni. Qui arriva la pubblicità, ma non saper leggere a volte è una fortuna. Mancano le scuole e i servizi, la pulizia delle strade e la raccolta dei rifiuti, manca istruzione e un pasto per tutti. Ma qui la vita ha ancora un peso, un valore da mostrare all'altro, ogni giorno,senza conoscere lo scontro. La vita nei mercati, nelle strade, sui muretti, nei templi e nei campi, è una vita che adoro. Che mi fa viaggiare in un luogo antico, in un fare senza affanno, un andare senza mai fretta.

Patan ti accoglie col suo giardino di architettura Newar, a cielo aperto, con Shiva e Vishnu che salgono verso l'alto accompagnati da colonne e cancelli decorati minuziosamente, puro gioiello di arte antica.


I cortili anche qui sono opere d'arte. La città è antica e medioevale, anche qui BERTOLUCCI ha girato il piccolo Budda, e la vasca dove si bagnava il bambino prodigio è un capolavoro architettonico.


La piazza si affaccia sul palazzo reale, un museo che racconta attraverso porte e colonne una profonda intesa spirituale della civiltà newar nei riferimenti a Budda e alle divinità induiste.

Passeggio per le vie, vado a vedere la galleria di arte e le mostre all'interno, lo stato in cui si è conservata questa città è un miracolo di bellezze.



Dopo ore di camminate, un tè al limone seduto al sole, mi rilasso insieme ad altri studenti e viaggiatori di ogni dove vicino ai leoni del tempio dedicato a Shiva.

Mi vedo il golden temple e resto anche qui fermo ad ammirare il cancello di ingresso che apre la via a piccoli archetti perfettamente simmetrici e decorati di altre divinità.


Il fascino di questo posto oltre alle leggende le immagini le statue le mura antiche i templi sulla strada, lo esercita il vagare rilassato di artisti, turisti, studiosi e scrittori che si fermano ai caffè o siedono sugli scaloni ad osservare le imponenti strutture e ad ammirare le leggendarie storie.


Culture diverse si fondono in questo clima sereno sotto un sole enorme.

Mi fermo a mangiare, oggi mi godo una birra nepalese, la fresca e buona Everest per gustarmi il panorama sopra i templi. 

Una ragazza mi chiede di sedermi al suo tavolo; argentina, in viaggio da mesi, dopo l'india ha scelto il Nepal,per poi riprendere verso il Vietnam. Insegnante di storia, ha lasciato il lavoro e ora attende che questo viaggio le suggerisca le risposte che cerca. Parliamo e ridiamo di questa magica sorpresa che è il Nepal, di quanto la gente sia ospitale e tranquilla e Martina, per rendere meglio l'idea, mi ricorda cosa dicono i nepalesi rispetto alle differenze con l'india e il Tibet: "noi siamo un fiore sbocciato tra due pietre, quella indiana e quella cinese, noi siamo la perfetta via di mezzo."  Per me l'india resta un paese unico al mondo ma devo dire che qui, quella dura aggressività, quell'insistenza invadente e quel chiasso sfrenato, non sanno cosa sia. Questo posto mi è entrato subito dentro e non credevo mai potesse essere così 
rapida l'infatuazione. I loro sorrisi attenti, la loro gentilezza timida, la disponibilità e l'accoglienza insieme alla musica e alla loro tolleranza, quella via di mezzo di un paese spirituale ma che si diverte, che non è chiuso ma è curioso, amico. 

Prima di rientrare faccio la via delle botteghe e dei banchi della frutta: prendo obiettivo gigante e comincio a scattare foto sulla  quotidiana semplicità di un pomerigggio qualunque.
È uno spettacolo ogni loro gesto, dal signore che si avvicina la tazzina alle labbra, alla donna che si specchia nel 
negozio, alle bambine che tornano da scuola,  alle signore che sorridono giocano  si scambiano occhiate e buste con gli ortaggi. Salgo alla piazza degli autobus, mi fermo a prendere un po' di frutta, poi mi siedo in mezzo ai nepalesi in attesa di un chai bello caldo. La donnona ride e non dice niente, tutto il gruppo dei signori dal volto scuro mi guarda incuriosito; arriva un ragazzo e in inglese mi chiede come mai io stia tra loro, in un caffè sulla strada. Iniziamo a ridere, la donna mi prepara il chai, gli altri mi salutano e ridono cogliendo una somiglianza tra me e l'amico che parla inglese. Il ragazzo offre anche per me e mi promette che se domani ripasso mi porta in giro. La pausa davanti al chai è un rito che si ripete ogni giorno, ad ogni ora. Ma, a differenza nostra, che neanche guardiamo chi ci passa lo zucchero, qui si condivide tra sconosciuti, che si mettono insieme e lasciano la sedia all'altro come hanno fatto oggi con me. Un momento di pace da passare insieme.

Salgo sul bus e mi ritrovo nella morsa del ritorno di fine giornata. Fuori, donne si coprono in attesa di vendere qualche felpa, una valigia o uno zaino. Mentre il sole tramonta, le luci che riflettono sulla strada sono quelle dei sari colorati e raffinati che con passo elegante e semplice sfoggiano le donne nepalesi. 
Mi torna in mente la scritta sullo zaino di un ragazzo .. 
" Nepal.. dove la cura è cultura. "



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